Home • Il vigneto
La superficie coltivata a vite è compresa in un unico appezzamento di 2,5 ettari, a un’altitudine di 250 metri sul livello del mare.
La caratteristica più marcata dei vigneti risiede nell’evidente eterogeneità dei suoli tra la parte alta e la parte più a valle della collina: il terreno di medio impasto, infatti, presenta delle nette differenze di scheletro, infiltrazioni di argilla e ciottoli affioranti misti a vene superficiali di sabbia.
Nel 1996, ormai ventidue anni fa, vennero impiantati cinque differenti vitigni: Trebbiano Procanico, Grechetto di Orvieto, Chardonnay, Sangiovese e Cabernet Sauvignon.
Quest’ultimo è stato poi frutto di un lungo e coinvolgente progetto di conversione varietale, che ha ridato vita a un antico quanto nobile vitigno autoctono delle nostre terre: il Grero.
La prima traccia ufficiale del Grero proviene da una citazione sull’Annuario generale per la viticoltura ed enologia del 1893. Nel 2009 è stata ritrovata in una piccola località nel comune di Todi, la pianta madre di Grero di oltre 120 anni di età con un diametro del tronco 37 centimetri.
Dopo accurate indagini e sperimentazioni, il Grero è stato iscritto nel Registro nazionale delle varietà di vite da vino nel 2011. La caratterizzazione del Grero ha consentito di riportare in vita questo vitigno quasi sconosciuto e a rischio scomparsa.
Nel 2019 quindi abbiamo innestato una porzione del vecchio vigneto con il Grero che ha visto nel 2020 la prima vendemmia. Si è subito rivelata una varietà resistente alle fitopatie, grazie al grappolo mediamente spargolo e alla buccia spessa, ricca in polifenoli e tannini morbidi fin da subito.
Nel Pleistocene la valle umbra del Tevere era invasa da un vasto e profondo lago salato.
Gli studi effettuati, imputano a questo invaso la conformità attuale del territorio umbro.
Si estendeva seguendo l’asse dell’odierno fiume Tevere fino a Todi, per poi incunearsi nella conca ternana per una lunghezza complessiva di 120Km e una larghezza media di 10km.
Alimentato da molteplici ruscelli e fiumiciattoli, che scendevano dai ripidi pendii degli Appennini, si suppone sia scomparso circa 400.000 anni fa, disegnando il nuovo percorso del Tevere.
È possibile che la presenza nel terreno (che fu il fondale lacustre) dei minerali residuati dal bacino del lago Tiberino influenzino oggi alcune coltivazioni, in particolare la viticoltura.